Internet: IL SOL DELL’AVVENIRE

Il sentimento individuale di appartenere a un popolo sembra resista ancora.

Popolo che tuttavia accoratamente ci raccontano spaccato per fazioni contrapposte. L’ultima lamentata è una demarcazione culturale grave, che ci pone, al solito, all’ultimo posto in Europa. Non si è fatto in tempo a completare l’alfabetizzazione,  con l’effetto unificante della soppressione dei dialetti (la globalizzazione l’abbiamo inventata noi); che un altro muro, eretto sulla mezzeria del 50%, separa gli internetizzati dai pcfobici.

Malgrado gli sforzi delle finanziarie, l’obbligo di scaricare i moduli on line, gli allettamenti di banche e assicurazioni, le seduzioni di siti bellavista e lo status symbol dell’indirizzo e-mail; gli italiani sono divisi ancora una volta in due schiere contrapposte, a riprova della loro cocciutaggine, arretratezza, ignavia e poltroneria. Una parte a mortificazione di tutti, poiché il concetto di popolo non si è evoluto al punto da lasciar decadere l’identificazione insignificante e astratta di italiani o francesi o svizzeri, per prendere coscienza di cibernetici – e sentirsi totalmente estranei da tutti gli altri. Nel frattempo, la sezione dei resistenti viene incalzata, spronata, frustata da politici e mass media, perché si scuota, ceda, si converta al richiamo civile. Essa è attesa dalle generose braccia aperte dell’industria avanzata e dal commercio socialmente attento.

Gli eletti navigatori di rete approdano da un sito all’altro, da un blog all’altro, da un forum a un altro. Si immergono in ambienti scientifici, filosofici, esoterici, settari, come l’interesse, il capriccio o il caso vuole. Disquisiscono, disputano, apprendono, discettano di qualsivoglia argomento senza bisogno di presentare diploma di laurea. Chiunque può avere una libera docenza in qualsiasi branca dello scibile, senza penuria di seguaci e fans. Non devi far parte di nessun ordine oneroso, di nessun sindacato con presidenti non si sa da chi eletti; ti muovi come vuoi, fai ciò che vuoi, come un iniziato.

Sei parte dell’America siderale, sei un pioniere, un avventuriero sulle frontiere infinite dell’ultimo ovest. E non porti cinturone e pistole, che pesano. Ciao; e parli con chi vuole e vuoi. Non ci sono caste, come nell’altro mondo. Non sei nemmeno irrigidito in una lingua, con la sua grammatica e sintassi. Sei più indipendente di un angelo.

Per esempio, riporto due frammenti emblematici stralciati da un forum:

“No, io li preparo con gli enigmi, non sono brava e spesso li mangio solo io, partendo dalle code. La mamma le taglia quando sono secche e le butta nel compost, se le tagli da giovani il pigatello non si sviluppa. Allora si toglie l’anima, che qui c’è la diceria che faccia molto male. Ma quando capita ben prima che il fiore fiorisca, mangiamo solo i bigoli in tronchetti di un centimetro, in padella col burro, condimento del riso bollito e grana o in frittata”.

“E si c’harà Claudia, kome ti oh detto in precidenza i topin’àmbur quì una votta sì kiamerebbero pistachi. Cue’ì pistachi fossero una derlizia per ke non sarebboro come quelli di ora chè quì sì comprano al supermercato chè sono come trasparenti è se t’ì azzardi ha lasciarli due giorni si sgonfiano è dìventano come cacketta seca di kane. Mentre cuelli chè tu è il mondo chiamate pistachi quì dì certo si kiamassero fastuca. Sicuro che cossì ti s’eì fatta una coltura piu larga, mandando un saluto strapazz’hato”.

Riuscirà mai, alla carta stampata, di portarsi a livello?

Giuseppe Campolo

giuseppe-campolo@tiscali.it

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